Domenica 15 marzo, terza di Quaresima, l’Arcivescovo di Cagliari, Giuseppe Baturi, ha celebrato la santa Messa presso la Cattedrale di Cagliari.
OMELIA
Carissimi in Cristo,
la prima lettura parla di un momento di difficoltà del popolo di Israele: «In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua». Il racconto si riferisce a quei giorni, nel deserto. In qualche modo anche questi nostri giorni assomigliano a quelli: ci sentiamo in una sorta di deserto, isolati e fisicamente distanti gli uni dagli altri, esiliati dalla nostra consueta vita quotidiana e dalle abituali sicurezze. Ci confrontiamo con la questione della malattia e della morte. Ci commuove sapere dei morti e vedere la sofferenza dei familiari ed amici: quante morti e quanto sofferenza! E poi l’incertezza del futuro: che accadrà ancora? quando finirà questo esilio e a che prezzo? Siamo trepidanti perché abbiamo paura e abbiamo sete di vita, di serenità, di salute. Scopriamo anche la sete di compagnia e di amicizia. Domandiamo salute e abbiamo bisogno di salvezza.
Il libro dell’Esodo racconta che il popolo mormorò contro Mosè e dubitò di Dio: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?». La sete divenne motivo di mormorazione e di dubbio. È Mosè, l’amico di Dio e il liberatore del popolo, a trasformare tutta quell’ansia, e anche la mormorazione, in supplica, in preghiera. L’amico di Dio sa trasformare la paura in preghiera. Dio nella Sua misericordia concesse l’acqua, e il popolo bevve da una roccia che San Paolo considererà figura, simbolo di Cristo: «tutti … bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo» (1Cor 10,4). Ecco la nostra certezza: in ogni passo del nostro cammino Cristo ci accompagna, nella beatitudine della casa o nell’amarezza dell’esilio, nella gioia della soddisfazione o nel deserto della paura e del dolore, Cristo ci accompagna, ed è vicino a noi come una roccia su cui fondarsi, come sorgente alla quale dissetarsi. Cristo ci accompagna sempre, come roccia e come sorgente. Nel vangelo egli stesso dice la natura dell’acqua che ci dona e quindi della sete che viene a placare: «chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». Vita eterna! Abbiamo sete, o Signore, e abbiamo speranza in Te. «Signore, dammi quest’acqua».
Alla Samaritana Cristo si rivela come il Messia che parla: «Sono io, che parlo con te». Il Signore non è muto, ma parla con noi, come ad amici. Questo è il tempo in cui ascoltare la Sua parola. Non può essere riconosciuto, il nostro Signore, se non è ascoltato. In famiglia e personalmente, ascoltiamo il Signore che parla, che parla di nuovo alla nostra vita e la comprende in modo unico: ci svela a noi stessi e svela il cuore di Dio. Cerchiamo e accogliamo il Signore che parla, che vuole anche oggi, parlare a ciascuno di noi e all’insieme del suo popolo. Siamo grati ai nostri sacerdoti e ai catechisti, ai religiosi e alle consacrate che trovano in questi giorni modi creativi e moderni per continuare a far risuonare nelle nostre giornate la parola del Signore presente. Grazie!
È Cristo, in questo tempo di esilio, la nostra speranza. «La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi… Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi». Il Signore è la nostra speranza perché ci ama di un amore senza misura, dell’amore più grande. Chi ci separerà da questo amore? Nulla può mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, né morte né vita, né malattia né morte (cf. Rm 8,35-39). Speriamo in Te, Signore, e nel tuo amore per noi. È un amore che anche in questi momenti ci è testimoniato dalle persone che si prodigano per gli altri, come negli ospedali, i medici, gli infermieri e gli operatori della santità, e i tanti volontari e operatori della carità ecclesiale. La testimonianza di questo amore fonda la nostra speranza e la dimostra affidabile. Non dimentichiamo che siamo noi il segno della carità di Cristo, la memoria vivente della Sua morte e risurrezione.
Il Signore, sorgente della vita, che offre all’umanità riarsa dalla sete l’acqua viva della grazia che scaturisce dalla roccia che è il Cristo salvatore, ci conceda il dono dello Spirito, perché sappiamo professare con forza la fede e annunziare con generosità le meraviglie del suo amore.
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