Viviamo la Pasqua in uno scenario mondiale preoccupante e non serve chiudere gli occhi anche solo per un momento: il villaggio globale non ce lo permette. Terrorismo e violenza sembrano dilagare senza limite in ogni angolo della terra, un vero diluvio di follia e di paura. C’è il terrorismo internazionale, la cui strategia occulta sembra imprevedibile e imprendibile. C’è la violenza di casa nostra, quella della porta accanto, anch’essa senza limite nel disprezzare la vita umana, per denaro o per delusione rabbiosa di chi pensava di trovare l’amore a proprio capriccio.
Sulle acque minacciose di questo diluvio l’Arca di Noè appare come un piccolo legno in balia delle tempeste. Ogni tanto il vecchio patriarca apre una finestra, manda la colomba in perlustrazione ma questa torna, perché non ha trovato dove posarsi. Noè non si scoraggia, manda ancora la colomba in missione e questa finalmente torna con un ramoscello di ulivo. Alla fine Noè viene premiato, la colomba prende il volo definitivamente e la vita sulla terra può ricominciare.
Nella Veglia pasquale questa pagina biblica viene ricordata nella benedizione dell’acqua per il Battesimo, trasformata in fonte di vita dal legno della Croce. È questo il legno che ci permette di uscire vivi dal diluvio. La Croce è un povero legno, frutto della cattiveria e della vigliaccheria umana. Il racconto della Passione ci dice con chiarezza di dove viene: da un traditore, da un Sinedrio preoccupato dello status quo, da una folla volubile e facilmente manovrabile, da un Procuratore calcolatore e codardo, da soldati che picchiano volentieri sul malcapitato di turno, da un gruppo di discepoli che non hanno esitato a fuggire. Gesù accetta di subire questa Croce, anzitutto per farci comprendere dove si annida il male, entrato nel cuore umano fin dalla prima caduta dell’uomo e della donna.
Ci sforziamo spesso di individuare le cause e i colpevoli di tanti mali, ma quasi mai ci ricordiamo di cercare dentro di noi e di non considerare irrilevante il peccato con cui conviviamo. C’è un legame profondo tra il nostro peccato e il male che dilaga e quindi c’è un legame profondo tra il nostro peccato e la Croce di Cristo.
Gesù accetta la Croce, ne assapora tutta l’amarezza ma ne fa il segno dell’amore del Padre, che non ha limiti, che ama proprio questa umanità così capace di fabbricare croci. Gesù ama come il Padre e condivide tutta la sofferenza di coloro che gemono sotto una croce.
L’annuncio pasquale è un forte invito a non aver paura della Croce, se uniamo le nostre croci alla sua. Il Risorto ci viene incontro con le sue piaghe gloriose e con in mano questo segno della sua vittoria. Ci chiama a essere vincitori con lui, entra a porte chiuse nel nostro cuore, sbarrato come il Cenacolo dove stavano rinchiusi i discepoli per paura della persecuzione. La paura della Croce ci schiaccia se cadiamo nella vana illusione di evitarla: la incontriamo quando cerchiamo di essere fedeli alla Parola del Signore e quando preferiamo andare lontano da lui, la conosciamo nel segreto delle sofferenze interiori e nel disfacimento del nostro corpo fragile e soggetto alle malattie, la temiamo quando si profila il passaggio della morte e la paura ci impedisce di vedere la vita piena che ci attende. La Croce di Gesù è un paradosso, ma è il paradosso dell’Amore vero, che si consuma e diventa vita.
+ Arrigo Miglio
Arcivescovo di Cagliari