«Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». Queste parole di Gesù, riportate dal Vangelo di Giovanni nel discorso del Buon Pastore (Gv. 10,10), mi accompagnano da vari giorni in mezzo al clamore nato dall’ormai famosa omelia di don Massimiliano Pusceddu e successive dichiarazioni, a commento di un passo della Lettera ai Romani (c. 1) che, estrapolato dal suo contesto e dall’insieme dell’insegnamento paolino, ha provocato gravi fraintendimenti e ha falsato anzitutto il pensiero di san Paolo che, nella stessa Lettera (c. 5 e 8), proclama senza ombre la Misericordia di Dio.
La scorsa settimana il Portico ha già pubblicato una nota redazionale di netta presa di distanza, in risposta a una prima ondata di lettere e di messaggi che chiedevano chiarimenti. Contemporaneamente, unendosi alle parole di papa Francesco sulla strage avvenuta negli Stati Uniti a Orlando, il sito web della diocesi ribadiva la condanna di ogni forma di discriminazione. L’insegnamento della Chiesa è riassunto in modo chiaro ad esempio nel Catechismo della Chiesa Cattolica: senza dimenticare o nascondere la via indicata dal Signore bisogna però essere rispettosi e vicini a tutti, anche a chi non riesce ancora a seguire la strada da Lui proposta, senza giudicare nessuno, perché solo il Signore conosce fino in fondo le responsabilità di ciascuno. Nei giorni seguenti clamore e proteste sono aumentati superando ampiamente il livello locale, non solo per la facile diffusione nei social network ma per la delicatezza dell’argomento. Molte persone si sono rivolte a me personalmente, dicendomi la loro sofferenza e spesso la loro rabbia. Raccolgo e faccio mia la sofferenza di tutti coloro che si sono sentiti feriti in questa vicenda e chiedo scusa a nome mio e della nostra chiesa diocesana, perché un sacerdote, specialmente dall’altare, ma in realtà sempre, non rappresenta mai solo se stesso. All’interessato rinnovo la richiesta di osservare un congruo periodo di silenzio totale.
A tutti chiedo di pregare ogni giorno per i sacerdoti, per chi sbaglia, per chi è accusato talora ingiustamente, e specialmente per i tantissimi che ogni giorno in silenzio servono il Signore e i fratelli, affinché non si scoraggino e sentano sempre vicino il Signore Gesù, specialmente quando respirano ostilità e incomprensione. Concludo ricordando quanto scriveva l’apostolo Pietro nella sua prima Lettera (3,15-16): «Pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi; tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto».
+ Arrigo Miglio