Si riporta il testo di due articoli pubblicati venerdì 8 maggio 2015 su Avvenire e su L’Unione Sarda che contengono alcuni interventi dell’arcivescovo Arrigo Miglio circa le indagini e il conseguente arresto del sacerdote Pascal Manca.
Avvenire – 8 maggio 2015 – Pagina 10
Cagliari. Miglio: sofferenza e preghiera per l’arresto del parroco
L’Arcivescovo interviene sul caso del sacerdote accusato di abusi su minori. Un anno fa indagini canoniche
L’arresto di don Pascal Manca, 43 anni, parroco di Villamar, nel Campidano, accusato di abusi sessuali su minori a Mandas, centro nel quale era parroco sino al 2012 e nella stessa Villamar, a una quarantina di chilometri da Cagliari, ha destato sconcerto. L’arcivescovo, Arrigo Miglio, ha subito espresso vicinanza alle vittime come pure al sacerdote, chiedendo preghiere e auspicando una rapida soluzione della vicenda.
«La sofferenza è molto grande – spiga Miglio ad Avvenire –, soprattutto tra i sacerdoti e nelle comunità parrocchiali coinvolte. Ho saputo dell’indagine il giorno della perquisizione nella casa del sacerdote, il 20 aprile, e da allora seguo la vicenda in stretto contatto con la Segreteria della Cei e la Congregazione della dottrina della fede. Da subito il sacerdote è stato sospeso dall’esercizio del ministero ed è stato nominato un amministratore parrocchiale per Villamar. Io stesso ho visitato, pochi giorni dopo l’avvio delle indagini, la comunità per spiegare come ci stiamo comportando e ascoltare i parrocchiani».
Monsignor Miglio racconta che il giorno stesso in cui ha saputo dell’indagine ha «incontrato personalmente il sacerdote accusato, che ha continuato a dichiararsi innocente. Ci siamo visti ancora nei giorni successivi e ho tenuto contatti quotidiani tramite un sacerdote di fiducia. La diocesi è stata invitata a pregare anche per lui, non ci resta che attendere lo sviluppo delle indagini».
L’arcivescovo fa proprie «con tutto il cuore le parole che papa Francesco ha rivolto più di una volta alle vittime di abusi e alle loro famiglie. Come chiesa e come clero sentiamo il bisogno di chiedere perdono con grande umiltà, se effettivamente sono confermate le accuse. Vorrei anche dire che i sussurri non sono mai sufficienti per agire tempestivamente. Capisco l’imbarazzo nel dover fare denunce concrete e firmate ma, se si vuole camminare verso una sempre maggiore trasparenza, questa è la strada da percorrere».
Quanto alle procedure canoniche, Miglio spiega che «poco più di un anno fa la Congregazione per la dottrina della fede, avendo ricevuto una denuncia, aveva chiesto l’indagine previa. I risultati erano stati trasmessi alla Congregazione stessa, che fino a ora non aveva ritenuto dover ordinare un processo canonico. Ora la direttiva ricevuta è quella di attendere l’esito delle indagini della magistratura italiana».
Roberto Comparetti
L’Unione Sarda – 8 maggio 2015 – Pagina 2
Il presule a colloquio col direttore: «Ecco la mia verità»
L’arcivescovo Miglio: «Mai saputo di abusi»
Provato, certamente. Ma anche lucido e solidamente ancorato alle certezze della fede, appena temperate dalla real politik propria degli uomini di governo.
Monsignor Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari, accetta un colloquio nel suo ufficio di via Monsignor Cogoni, sede del Seminario diocesano. Ringrazia, anzi, per l’opportunità di un confronto franco ma pacato, che vada oltre il freddo linguaggio dei comunicati stampa.
Non è uomo che ama giri di parole e apprezza che anche l’interlocutore salti le formalità. «Sapevo che accadessero cose poco chiare a Mandas e a Villamar? Certamente no. Potevo fare qualcosa in più di quello che ho fatto? Le racconto gli avvenimenti. Poi, insieme, possiamo trovare la risposta».
Servono risposte sul perché del trasferimento di don Pascal da Villamar a Mandas, visto che qualcuno ha il sospetto che la Chiesa sapesse e abbia provato a spostare il problema dieci chilometri più in là. «Ho conosciuto don Pascal Manca poco dopo il mio arrivo a Cagliari, nell’aprile del 2012. In quel periodo lui ospitava nella parrocchia di Mandas il diacono Michele Piras, che lo aiutava nel ministero. Circa due mesi dopo sono stato chiamato a dirimere un dissidio scoppiato tra i due per motivi economici: una donazione da parte di una fedele, arrivata al diacono e non direttamente alla parrocchia. Parlai con loro e con altre personalità del paese. Riscontrai che la comunità si era spaccata e dunque decisi che entrambi avrebbero dovuto lasciarla. Questo portò non poche proteste da parte dei mandaresi. Ricordo, in particolare, una accesa riunione con un gruppo di giovani a Santa Vitalia. Non accettavano il trasferimento di don Pascal. Poi lo “scortarono” a Villamar, nel giorno del suo insediamento nella nuova parrocchia, manifestandogli grande stima».
Dunque, nella ricostruzione dell’arcivescovo, nemmeno un mormorio sulle presunte inclinazioni del prete arrestato mercoledì, almeno fino al termine del 2012. «A fine inverno 2013 venne da me un giovane di Mandas, e poi nessun altro. Mi parlò di comportamenti scorretti da parte del suo ex parroco. A questo punto chiesi di ricevere una denuncia circostanziata, necessaria affinché io potessi prendere provvedimenti. Ma niente arrivò. Mesi dopo una lettera contenente accuse molto precise venne spedita direttamente in Vaticano. Fu quella l’occasione in cui la congregazione per la Dottrina della fede me la girò, chiedendomi di indagare. L’inchiesta interna fu portata avanti da due sacerdoti e gli esiti vennero poi trasmessi a Roma a inizio 2014. Il Vaticano, esaminato il dossier, non ritenne opportuno avviare un processo canonico».
L’arcidiocesi di Cagliari, e qui forse persisteranno i dubbi dei critici, si fermò a quella decisione. Almeno fino allo scorso 20 aprile, giorno della perquisizione nella canonica di Villamar. «Fui informato immediatamente. Un fulmine a ciel sereno, mai avevo sospettato l’esistenza di un’indagine. Con immediatezza ho provveduto a sospendere il parroco e a nominare un nuovo amministratore. Nei giorni successivi sono stato a Roma per un colloquio nella Congregazione competente, per aggiornare chi di dovere sugli sviluppi del caso». E ora? «E ora attendo l’esito delle indagini». Certo di aver fatto quanto era nelle sue possibilità. Basterà per tranquillizzare l’opinione pubblica?
«Col senno di poi mi chiedo se non debba dare più peso alle voci e agli scritti anonimi, cose che creano sempre un brutto clima. Non mi è mai piaciuta la caccia alle streghe, ma poiché sono in gioco ragazzi e giovani, chiedo a tutti di aiutarci reciprocamente ad essere più vigilanti».
Anthony Muroni